Il progetto si ispira al racconto La carta da parati gialla di Charlotte Perkins Gilman, facendone il punto di partenza per un lavoro di ricerca collettivo in una chiave diretta alla contemporaneità: otto giovani danzatrici, infatti, si fanno strumento per raccontare una donna di fine Ottocento le cui vicende descrivono in modo vivido e immaginifico i disagi inascoltati della donna di oggi.

La storia racconta di una donna di fine ‘800 affetta da depressione post partum. Il marito, suo medico, le prescrive un periodo di riposo in una villa di campagna e la camera da letto è una stanza con la carta da parati gialla che attira e respinge la protagonista con le sue forme ipnotiche e ammalianti. La storia è il lento scivolamento di lei nell’ossessione per la carta da parati: le sagome disegnate si animano e rivelano la presenza ipnotica di una figura, una donna, o più donne. La stanza, da prigionia imposta, diventa rifugio, luogo di un’immaginazione violenta sull’orlo del delirio, o forse una via del tutto segreta per liberare una parte di sé che teneva reclusa.

La danza
Una solista è la protagonista mentre un coro di danzatrici interpreta la carta da parati gialla che si anima e attira la donna: un vero personaggio corale che entra in dialogo con la donna e porta il pubblico a entrare nella sua immaginazione, nel suo mondo emotivo. Le danzatrici, per quanto parte di un unico agglomerato, non sono omologate, ma la loro personale espressione viene esaltata per raccontare tutte le sfaccettature della protagonista, multiformi e complesse, proiettate dentro la parete. Il pubblico, che assiste al tormento della donna e non si muove, potrebbe arrivare a interrogarsi sul suo ruolo, e, in un certo senso, sentirsi come il marito, spettatore o forse complice che osserva da fuori la lenta discesa di lei senza poter fare più nulla.

Ad accompagnare le danzatrici, una composizione musicale creata appositamente e in diretto dialogo con la coreografia.