FORTE COME LA MORTE E’ L’AMORE. CANTICO DEI CANTICI

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FORTE COME LA MORTE E’ L’AMORE. CANTICO DEI CANTICI

FORTE COME LA MORTE E’ L’AMORE. CANTICO DEI CANTICI

Rito sonoro per voce e piano

Con Annig Raimondi, Alessandro Pazzi e al pianoforte Francesca Badalini
musiche Piazzolla, Poulenc, Chopin e Debussy
PACTA dei Teatri – PontosTeatro
all’interno di Milano è VIVA
progetto Il Filo di Alda curato d CETEC Dentro/Fuori San Vittore

Il Cantico dei Cantici: il poema d’amore più conosciuto, più commentato, più tradotto nella Storia, e anche il più misterioso il cui contenuto è fra i più originali e, si direbbe, fra i più inaspettati della Bibbia: parla infatti esclusivamente di amore.
Non è forse mai avvenuto che un libro di così piccola mole abbia provocato una letteratura così abbondante e disparata come il Cantico: dal Voltaire, che lo chiamò “canzone degna d’un corpo di guardia dei granatieri” e che trova in sostanza consenzienti moltissimi studiosi moderni, fino a Rabbi ‛Aqībā che invece lo definì “il santissimo fra i Kethūbhīm” e a S. Teresa che trovò in esso l’occasione delle più eccelse elevazioni mistiche.

Note allo spettacolo

“Forte come la morte è l’amore” può diventare la sigla poetica, simbolica e spirituale di quel gioiello letterario che è il “Cantico dei Cantici” della Bibbia.

In questo “Cantico sublime”- come sarebbe più giusto tradurre dall’ebraico- non esiste azione, le 1250 parole di cui è composto diventano una preghiera libera, spasmodica, un verbo che diventa carne, per usare una frase cara a Testori. Nel tentativo arduo di metterlo in scena si è volutamente scartata sia l’ipotesi di avere come protagonisti due giovani e affascinanti amanti sia quella del matrimonio tra Cristo e la Chiesa. Se analizziamo il testo capiamo subito che la protagonista assoluta è una donna!

E’ lei che parla di più, è lei a pronunciare sia le prime sia le ultime parole. Abbiamo pensato a una donna non più giovanissima; sola, malata, che abita uno spazio dell’anima, astratto. Sicuramente è una donna che deve riempire dei vuoti terribili che la vita le ha procurato. Lo fa con la sola arma che ha a disposizione: la memoria! Attraverso la memoria rievoca il suo amato, il tempo in cui era giovane, aveva l’amore, il primo amore, quello che la vita regala a tutti per poi riprenderselo senza preavvisi. Le parole diventano un mezzo per sostituire pace al dolore, speranza alla morte! E’ proprio la morte l’avversario più potente per gli esseri umani: di Eros e Thanatos è imbevuta tutta la tragedia greca da cui deriva il teatro contemporaneo.

L’amato naturalmente è presente, come una lama di luce che arriva direttamente dal passato; lui infatti è ancora giovane e le appare per ricordarle un’antica felicità, un lontano piacere dei sensi. Naturalmente esiste un approdo felice, uno spazio temporale dove si sente un vento leggero che calma il dolore; ma come tutte le cose della vita non è definitivo. L’amato sparisce, la musica sparisce, la donna lo chiama ancora non rinunciando alla lotta: “Corri mio amato”. E quella donna sola diventa il simbolo dell’umanità che nell’ora del dolore alza gli occhi al cielo e a un essere che non risponde ma che fa sentire la sua presenza in ogni cosa, grida una preghiera libera, disperata, tremendamente necessaria forte come la vita, come la morte! La musica di Piazzolla, Poulenc, Chopin e Debussy suonata dal vivo da Francesca Badalini al piano, contribuisce a sottolineare questa idea di amore e morte presente in tutta l’opera.

Info: Spazio Alda Merini